mercoledì 31 maggio 2017

Quanto dura un anno






Ultimi giorni di scuola. Simulazioni di prove d’esame, scritte e orali.

Un ragazzo mi risponde che un anno dura 320 giorni. 

Ha già fatto vari errori, mostrato non poche incertezze, ma stavolta sembra sicuro di sé.

Gli (ri)spiego che i giorni sono 365 e 6 ore circa, ma non gli chiedo perché abbia detto proprio 320. Solo dopo, parlando con un’educatrice, mi sembra di poterne ipotizzare il senso.

Per chi ben si comporta, la nostra legislazione prevede uno scalamento di pena di 3 mesi ogni anno, 45 giorni a semestre. 

Forse, lui ha perso il possibile scalamento relativo ad un semestre, ma l’altro, magari, è riuscito a guadagnarselo.

Quindi, l’anno che deve scalare dal conto alla rovescia verso la libertà dura esattamente 365 meno 45: 320 giorni, appunto.

E la sua risposta mi sembra una sorta di canto libero, una licenza creativa, una riflessione filosofica sul valore relativo del tempo.

martedì 30 maggio 2017

Dieci cose che mi resteranno di quest' anno scolastico






Dieci cose che mi resteranno d'un anno scolastico ormai agli sgoccioli. In ordine sparso:

Uno. La difficoltà degli autori partecipanti al Laboratorio di Scrittura nell’affrontare il tema della Costituzione: ovvero la consapevolezza della distanza che passa tra lettera e spirito della Carta e quanto effettivamente vissuto dai ragazzi di Nisida nei loro giovani anni.

Due. La reazione stizzita dei ragazzi alla lettura, in classe, dei primi capitoli de La paranza dei bambini, valutato come un testo che racconta la verità, ma non dice niente di nuovo, anzi resta sotto la loro esperienza. Quella entusiasta nei confronti di Pensami forte di Zita Dazzi, letto tutto in un silenzio denso, di quelli in cui, letteralmente, non si sente volare una mosca, con tante bocche socchiuse e occhi persi a inseguire lo scambio epistolare tra Cosimo, ospite del Beccaria e Valentina, ragazza della periferia milanese (ma alle ragazze non è piaciuto il finale: troppo aperto, non si sa se i due si incontrano, se si fidanzano). E il gradimento collettivo per Non volevo diventare un boss di Salvatore Esposito: libro scelto per il premio Morante-Nisida-Roberto Dinacci, anche perché lui interpreta Gomorra, ma, soprattutto, perché è ben diverso da Genny Savastano.

Tre. L’allegria nel girare per le sale del Museo Archeologico di Napoli, un luogo che nessuno dei ragazzi aveva mai pensato di poter e voler visitare. Un giorno particolare, raccontato in un numero speciale di Nisida News.




Quattro. I boccoli ben pettinati e il rossetto di A., di solito piuttosto dimessa, alla sua prima uscita premio, all’Auditorium della Rai per il premio Morante.

Cinque. La lettera di L. – che adesso sta in un carcere per adulti – in risposta all’invio di La Carta e la vita. Le ragazze e i ragazzi di Nisida raccontano la Costituzione.

Sei. I messaggi di affetto e di stima di alcuni ragazzi già usciti da tempo oppure passati all’art.21 (la semilibertà), in particolare quelli di A. e G. Un balsamo che cura molte ferite.

Sette. Gli scritti su salute e malattia raccolti per l’incontro sul primo soccorso tenuto dal dottor Mario Guarino e da alcuni suoi bravissimi collaboratori.




Otto. I frammenti di vita che i ragazzi rivelano qui e là, in momenti di fiduciosa sincerità: precipizi nel dolore, abissi di vertigine su colpe e limiti della nostra società.

Nove. Il senso di spossatezza all’uscita dalle lezioni, che continua per ore nel pomeriggio. Perché trovare una relazione significativa provando a innestare curiosità culturali prosciuga.

Dieci. La visione di un film del nostro Cineforum interrotta, per me, da una telefonata del Miur: una grande soddisfazione, che è, insieme, un grande impegno per il lavoro del prossimo anno.

venerdì 26 maggio 2017

Nisida





Nessuna parola mi sembra giusta
per il regalo di questo silenzio
mattutino - quando anche i gridii
dei gabbiani sono eco impalpabile
e tace la mente raccolta
come nido che cova pensieri
ch'ancora nulla sanno di sé.