giovedì 29 settembre 2016

Crepuscolo di Ken Haruf






Crepuscolo – l’ultimo libro della trilogia di Kent Haruf ad arrivare in Italia edito da NN, dopo Il canto della pianura e Benedizione – (ri)porta il lettore ad Holt, immaginaria città del Colorado.

Nel grande vuoto della periferia americana, le piccole vite di tanti personaggi, che scorrono l’una separata dalle altre, finiscono con l’intrecciarsi e sono in molti, in maniera molto discreta e sobria, a darsi una mano, per continuare a vivere, per dare alla vita dell’altro un po’ di calore e di speranza.

Libro bellissimo, come i due precedentemente tradotti in Italia, Crepuscolo lascia il senso di quei tramonti che sembrano acquietare le ferite e contenere in sé la certezza che, nonostante tutto, riapparirà un altro giorno, umile ma intenso e con un pezzettino di azzurro da potersi scambiare: che il dolore e la malvagità possono essere, in qualche modo, curati e contenuti.

Due aspetti del libro mi lasciano particolarmente incantata: la capacità di intrecciare storie che, all’inizio, sembrano quasi gettate lì e lo stile delle descrizioni.

La prima riesce a immettere completamente il lettore in un mondo di tante solitudini periferiche (ma anche dei centri più movimentati) che s’incontrano, talvolta sforandosi appena, talvolta drammaticamente e, in qualche caso, violentemente, talaltra facendosi buona compagnia. Isole che, senza nessun orpello, si riconoscono come piccoli arcipelaghi.

Il secondo è davvero emozionante. Pagine in cui l’autore racconta semplicemente, per esempio, che il tale o talaltro personaggio si alza, apre una scatola di cibo, lo versa nel piatto, senza fare riferimento alcuno ai suoi stati d’animo, e tu te le senti tutte dentro le sue emozioni, tutte le sfumature della sua malinconia, del suo dolore, delle sue attese. Della sua dignità di vivere, anche se non sa e neppure si chiede che senso abbia la sua esistenza.

mercoledì 28 settembre 2016

Variazioni d'autunno






Come l’uva vendemmiata – pestata
di tutto il suo sangue – si riduce
a poltiglia di bucce e di semi.

Come la farina impastata – appena
cresciuta di lievito – viene stesa
e rollata sotto un mattarello.

Come un caki, felice di sole
-caduto a terra – diventa informa
gelatina (magari un po’ nauseante).

Una parola, un gesto
può trapassarti con la faciltà
con cui una spada affonderebbe
in un muro di panna montata



II

Il rocchetto di filo dorato
del ricamo natalizio cade
nella tisana abbandonata
sul tavolo, tra carte e computer.
Sorride il cuore, raccolto
in quiete operosa.

venerdì 23 settembre 2016

CentriFuga, Fughe, ritorni e altre storie







Il 22 ottobre esce –  edito da Sinnos e presentato in contemporanea in varie città italiane –  Centrifuga, Fughe, ritorni, e altre storie una raccolta di storie di periferia, nata da un’idea di Patrizia Rinaldi appassionatamente condotta da Pasquale Avallone.

Quando mi è stato chiesto di partecipare con un racconto su un ragazzino della periferia calabrese, ho provato stupore e gratitudine. 

Stupore che lo si chiedesse a me (sono attualmente in circolazione autori calabresi importanti). Gratitudine che si chiedesse la mia voce sulla mia terra.

Adesso lo stupore, vista la compagnia, è doppia e tripla la gratitudine.