mercoledì 23 settembre 2015

Giancarlo, Roberto, Nisida e la scrittura







Le foglie sono tutte sugli alberi e, a tratti, il sole brucia ancora. 

Ma la luce soffusa nell’aria, i colori del cielo e del mare sanno che, oggi, non più estate.

Comincia l’autunno e comincia, come altre volte, il nostro Laboratorio di Scrittura.

Come altre volte, inizia il 23 settembre. Senza una scelta consapevole. Per caso. 

Come se il caso esistesse.

Il fatto è questo laboratorio si tesse via via anche grazie a tanti fili, invisibili e preziosi, che lo collegano a nomi e volti cari.

Un filo, per esempio, lo collega a Roberto Dinacci.

Un filo, altro esempio, lo collega a Giancarlo Siani.

E’ bello che anche quest’anno il cammino di questo lavoro di parole – parole per dirsi davvero, parole che diventino uno sguardo nuovo – inizi oggi.

domenica 20 settembre 2015

Io, Partenope di Sebastiano Vassalli






Non ho mai letto un libro con tanti doppi punti: 

Doppi punti, aperti in ogni parte della frase, laddove chiunque altro avrebbe usato una virgola,

All’inizio, mi è sembrato addirittura spiazzante, poi questa scelta mi ha quasi commosso: come fosse una rappresentazione grafica suprema dell’esigenza di Io, Partenope di farsi intendere in maniera chiara e netta, senza ambiguità e infingimenti.

E, come mi era successo con La Chimera, anche in quest’ultimo libro (postumo) di Sebastiano Vassalli ho particolarmente apprezzato l’epilogo: quel chiarire come la sue narrazioni sono nello stesso tempo un discorrere, nel presente, con il tempo passato, come fosse coevo, e nello stare accanto al lettore, oltre il punto finale del libro: esplicitando il proprio pensiero* con la nettezza di un congedo: quasi di un testamento umano, civile e letterario.

(*Pensiero che, magari, il lettore – come nel mio caso – non condivide del tutto, ma legge con interesse e piacere le storie che gli ha fatto mettere su pagina)

sabato 12 settembre 2015

Reggio è una città scristianizzata?






In un messaggio per festaMadonna il vescovo di Reggio, Morosini, si chiede se ha senso il patronato civile alla festa in una città ormai scristianizzata.

Reggio è una città scristianizzata?

La risposta che darei è: sì, ma.

Le ragioni del mi sembrano del tutto evidenti.

Intanto, l’Italia è scristianizzata da tempo. Almeno dal referendum sul divorzio del 1974, quando la vittoria del “no” all’abrogazione della legge Fortuna-Baslini fece emergere un dato che non molti, anche all’interno della chiesa, colsero fino in fondo. Ovvero che, nella società, s’era spezzato quel comune sentire per cui, per molto tempo, i valori cattolici della famiglia erano stati, sostanzialmente, i valori di tutti, al di là d’ogni diversità di classe e d’ogni differenza ideologica, almeno pubblicamente. E che questo dato preludeva ad ulteriori e rapidi distacchi tra la sensibilità collettiva e la morale cattolica.

Negli ultimi decenni, in tutto il paese Reggio compresa, è andato diminuendo il numero di persone che frequenta regolarmente la messa domenicale, è diventato normale che i ragazzi, dopo la prima comunione, spariscano dagli oratori e, mentre aumentano i matrimoni civili, non pochi di quelli celebrati in chiesa finiscono con separazioni e divorzi. E basta entrare in alcune chiese, per avvertire che vi abitano comunità che magari fanno anche molte cose (dal coro alla mensa Caritas), ma dove non si avverte nulla che faccia battere il cuore, che induca ad alzare gli occhi al cielo.

Ed è peggiorato sensibilmente il tasso di cultura religiosa del paese. Quali sono i dogmi fondamentali del cristianesimo? Cosa indicano i vari segni e simboli che connotano la celebrazione eucaristica? Quali sono i sacramenti dell’iniziazione cristiana? Sono domande semplici, a cui la maggioranza degli italiani non sa più rispondere: dato, quest’ultimo, che dovrebbe grandemente preoccupare non solo la chiesa cattolica, ma tutti coloro che hanno a cuore la cultura. Il combinato disposto tra la non frequentazione delle chiese e il pessimo uso che a scuola si fa dell’ora di religione cattolica (che sostituirei con ore obbligatorie di storia delle religioni) ha fatto sì che gli italiani, credenti o meno, abbiano molte meno possibilità di apprezzare buona parte della nostra tradizione letteraria (da Dante a Manzoni) e della nostra ricchezza artistica (da Giotto alla Sistina).

Reggio è certamente, come il resto del paese, scristianizzata, anche se non bisogna dimenticare che, in questi ultimi anni, sono diventati patrimonio di un numero crescente di persone alcune istanze del cristianesimo, di rispetto delle persone, di attenzione ai deboli, di giustizia capace di misericordia. E che capita di sperimentare, talvolta, gesti magari incosapevolmente ma del tutto cristiani.

Oggi, Reggio, come altrove, l’essere cristiani è sempre più una scelta. Non si nasce cattolici e si resta così a vita, perché tanto tutti fanno (o meglio: fingono di fare) così, ma si sceglie via via se esserlo o non esserlo. 

È una condizione, in qualche modo, più difficile perché si rischia di sentirsi  e/o essere soli, di dover assumere responsabilità controcorrente, di vedersi, talvolta, additati come gli epigoni del medioevo, ecc. ecc.

Ma, è la condizione normale in una società complessa e variegata, dove, in campo religioso, convivono varie fedi nonché diverse espressioni di agnosticismo- indifferentismo-fai da te e dove tutti hanno uguale diritto di potersi esprimere.

Ma proprio questo dover scegliere in autonomia il proprio a Gesù Cristo può dare nuova linfa al cattolicesimo italiano. Non più totalità e neppure maggioranza, ma minoranza, magari piccola, infima minoranza, i cattolici potrebbero (e in molti casi e situazioni lo sono già di fatto) diventare, evangelicamente, il lievito dell’intera società.



Questo post, leggermente ampliato è apparso su Zoomsud il 14 settembre: