venerdì 28 febbraio 2014

Le "Parole come Pane" di Nisida








Ho appena dato l’ok, si stampi del nostro nuovo libro.

Si intitola Parole come Pane /La Sintassi di Nisida ed è la nuova tappa di un percorso iniziato sette anni fa, quando, in seguito ad una ricerca sugli autori che nei secoli hanno scritto sulla nostra piccola isola, abbiamo ipotizzato di poter lavorare ad un progetto dal titolo Nisida come Parco letterario e naturale.

Abbiamo così, grazie all’interazione Autori-Scuola-Ragazzi, pubblicato prima tre volumi sull’isola, la sua storia, le sue bellezze (Racconti per Nisida, Racconti per Nisida e l’Unità d’Italia e Racconti per Nisida, isola d’Europa, editi, fuori commercio, amichevolmente da Mario Guida) e ci siamo poi concentrati sugli attuali, involontari, abitanti dell’isola: i ragazzi, le ragazze dell'Istituto penale. 

Alle loro storie abbiamo dedicato il precedente volume La Grammatica di Nisida (edito da Caracò) e quello che sta per essere pubblicato, in forma cartacea e in e-book, ne prosegue e amplia il senso: il racconto di sé come possibilità di cambiamento.

Da settembre a dicembre 2013, dieci autori – Viola Ardone, Paolo Curtaz, Daniela de Crescenzo, Alessandro Gallo, Andrej Longo, Antonio Menna, Anna Petrazzuolo, Patrizia Rinaldi, Gianni Solla, Cristina Zagaria – hanno incontrato i ragazzi e le ragazze di Nisida e hanno scritto ciascuno un racconto sulla base di quanto elaborato in classe dai giovani ospiti dell’Istituto.

Tema conduttore è stata la Sintassi, ovvero come, modificando predicati e complementi, si possa agire sulla propria personale narrazione, nella prospettiva di un cambiamento possibile, in positivo, dell’io. Tema che si è intrecciato, non sempre ma spesso, alla parola “pane”, realtà da tutti ben conosciuta e simbolo di forte impatto di ciò che è buono, necessario, essenziale.

Il libro, edito, senza fini di lucro, da Caracò (l’eventuale ricavato andrà ad un nuovo progetto culturale per i ragazzi/le ragazze) e stampato con il contributo di Finanza e Futuro (gratuita è stata la collaborazione degli scrittori) è costituito da due parti: la prima dai racconti dei dieci autori, la seconda dai testi dei ragazzi sulla cui base i racconti sono stati scritti.

La prefazione è di Isabella Bossi Fedrigotti. Il disegno di copertina di Cecilia Latella.





Quella, era iniziata, anche per noi, come una domenica normale, ma, poi, per i tantissimi che lo avevano conosciuto e amato, si è come bloccata: ferma, nella violenza di un sisma.

Anche quest’anno, come nel 2008, il 2 marzo capita di domenica.

A me piace ricordarlo così, Roberto, con un nuovo libro. Anche questo nato nell’Aula che conserva il suo nome e il suo sorriso. E la sua convinzione profonda nei confronti del bene: “Si può, perciò si deve fare”.

domenica 23 febbraio 2014

Ben venga la ministra col pancione






Nel profluvio di commenti che hanno accompagnato la nomina delle otto ministre del nuovo governo – commenti in (piccola) parte sulle loro competenze e in (gran) parte sul loro look: in fondo, quasi tutti, sottilmente o anche meno sottilmente, misogini – ce n’è stato anche più di uno sulla inopportunità di nominare ministro una donna incinta.

Ha scritto su twitter Costanza Miriano, autrice notissima di alcuni libri che esaltano il ruolo della moglie “sottomessa” e del corrispondente atteggiamento del marito (intendesi della “sottomissione” dell’amore non di quella della servitù: da san Paolo): “Per me nominare un ministro all'8° mese di gravidanza significa non rispettare la realtà: le esigenze del bambino, della mamma e del ministero”.

Affermazione che trovo più pesante di tutte quelle, che pure ho criticato, sul vestiario delle ministre.

Perché il discorso sul look è un modo di riaffermare che compito prioritario delle donne è “apparire”, possibilmente “gradevoli” o anche “appetibili”, non “essere”, magari “capaci”, preparate, ecc. ecc. Ma fa parte anche del chiacchiericcio banale che fa, purtroppo, opinione, ma che può rimanere confinato, se va bene, nell’ambito della chiacchiera: “Bella quella giacca… quei pantaloni non era il caso… gli stivali meglio di no…”, e, poi, dopo dieci minuti, tutti ad occuparsi di cose più serie.

Mentre l’affermazione della Miriano, madre di quattro figli, giornalista, conferenziera ecc. ecc., (che leggo spesso con piacere) è di quelle che vogliono esprimere valori fondanti.

Solo che, per valorizzare la maternità e il rapporto prioritario neo madre-neonato, lascerebbe pensare che, una donna incinta, una serie di cose di rilievo solciale, che so direttrice di giornale, di banca, d’industria ecc. ecc, non le può proprio fare.

Il che equivale, in fondo, a dire che nessuna donna ancora giovane e che stia o voglia o voglia ancora diventare madre possa assumere alcun ruolo importante, che la maternità è di per sé ostativa a qualsiasi ruolo socialmente elevato (e che tali ruoli, caso mai, una donna li può assumere solo in età avanzata e, comunque, fuori dalla possibilità biologica di gravidanza).

Come se, ad esempio, per alcuni mesi, un ministero non potesse vedere nei propri corridoi solo i vice-ministro, i sottosegretari e, nel caso, sentire al telefono, via skype, via mail ecc. ecc. la ministra e, quest’ultima non potesse fare come tutte le donne che lavorano (e ce ne sono tante che lo fanno senza le protezioni di legge per le neomadri e/o per le donne in gravidanza) e hanno famiglia: la madre, la moglie, la lavoratrice, la ministra (o, se preferisce, il ministro).




Questi i miei ultimi interventi su Zoomsud:






sabato 22 febbraio 2014

Lettera aperta a Matteo Renzi. Con note per Stefania Giannini e Maria Carmela Lanzetta





Caro Matteo,

(non ci conosciamo, ma sono convinta che preferisci essere chiamato così piuttosto che Signor Presidente del Consiglio), tanti auguri per l’incarico che oggi diventerà operativo.

Ti auguro davvero di far bene. Non perché mi importi particolarmente della tua carriera, né perché ne va di mezzo, come hai detto, la tua faccia.

È che ne va di mezzo il Paese.

Eravamo, nel 2011, nel baratro assoluto.

Mario Monti, con le lacrime e il sangue che sappiamo, ci ha riacciuffato proprio al punto di non ritorno. Enrico Letta ha portato avanti la croce, con molti limiti, ma con grande dignità. (Naturalmente, con la regia di Napolitano cui gli italiani, anche quelli che la pensano molto diversamente, devono parecchio).

Ora tocca a te e, se tu andassi a sbattere, andremmo a quel paese tutti quanti e questo difficilissimo tentativo di rimetterci prima in carreggiata e poi di ricominciare a correre, si frantumerebbe in un infinito numero di schegge che ci ferirebbero mortalmente.

Dunque: in bocca al lupo. Auguri. Di cuore.

E auguri ai tuoi ministri. Come cittadina, mi auguro che tutti lavorino al meglio. Per il mio lavoro, guardo con attenzione soprattutto al ministro della Giustizia e a quella dell’Istruzione. Particolarmente a quest’ultima.


Anche se i problemi di cui dovrà farsi carico sono tanti e molti urgenti e alcuni urgentissimi vorrei chiedere a Stefania Giannini – veda lei il titolo che preferisce: ministro/a, – di non scordarsi di una piccola eppure importantissima parte della Scuola: quella che lavora in carcere.



Infine. Ho visto un sacco di polemiche interne al tuo partito per la nomina a ministro di Maria Carmela Lanzetta. A me (calabrese d’origine e di cuore), ha fatto piacere. E mi auguro davvero che faccia bene.

Ancora in bocca al lupo, Matteo,

ciao,
Maria















domenica 16 febbraio 2014

Per chi ha rimesso i Bronzi in piedi





Non intendo entrare, al momento, in qualsiasi discussione che riguardi l’attuale crisi di governo e i suoi possibili sbocchi.

Ma, come tanti altri, ho scritto anch’io su twitter la mia frasetta, per quello che vale, a favore della permanenza, al Ministero dei Beni culturali, di Massimo Bray. Perché, dal suo primo giorno di ministro, con quella sua visita a sorpresa, a Pompei (e relativa sua scoperta di come sia difficile, ad un turista arrivato a Napoli, anche semplicemente arrivarci, a Pompei) m’è sembrato portare un po’ d’aria nuova in quello che dovrebbe essere, in un paese come il nostro, un settore strategico – e sembra confinato, invece, a quelli che, insomma, vediamo un po’ a chi possiamo affidare ‘sta sciocchezzuola.

E, poi, perché, senza di lui, i Bronzi dormirebbero ancora a palazzo Campanella e non sarebbero ancora tornati in piedi, in tutto il loro fulgore, dove devono stare: a palazzo Piacentini, e non sarebbero arrivati i soldi per Sibari, che magari riesce a salvarsi dal fango e un po’ d’attenzione a Kaulonia ecc.ecc.

Non vorrei, quindi, che, a questo punto, qualcun altro, a Roma, la prenda alle lunghe per la riapertura dell’intero Museo Archeologico.

Leggevo che la Calabria non ha siti Unesco. È mai possibile?

Sarebbe troppo auspicare che, dopo il risveglio dei Bronzi, ci si accorga, un po’ tutti, che la Calabria è un pezzo di Magna Grecia a cielo aperto e che, in qualsiasi altra parte del mondo, di tanta bellezza ci vivrebbe una buona parte della popolazione?




Questi i miei ultimi interventi su Zoomsud: